lunedì 29 giugno 2009

Anche i più grandi artisti italiani lo ricordano/1

Dal "Messaggero" del 29/06/2009

di Massimo Ranieri


L’altra sera a Venezia, durante il mio concerto, l’ho visto passare. Gli ho detto “ciao, Michael, ti amo”. Non accetto la morte assurda che gli è toccata, mi consola il fatto di saperlo sempre presente, sempre con noi artisti. E’ stato un grande, nessuno puà negarlo. Resterà come Elvis e Lennon, i fan hanno già cominciato a consegnarlo all’eternità.

La sua vita di successi e problemi, denaro e fobie, eccessi e, a volte, scelte assurde non sono il primo a dirlo è il prodotto di un’infanzia negata. Nel 1964, a 13 anni, ero negli Stati Uniti. Parlo di 45 anni fa, tempi non sospetti. C’era, alla televisione, l’Ed Sullivan Show. Lo guardavo regolarmente, affascinato da quel mondo di professionismo, dalle presenze, dal modo di fare spettacolo. Una sera vidi l’esibizione dei fratelli Jackson, Michael era il più piccolo, 6 anni, si muoveva e cantava come uno, stratosfericamente bravo, di trenta. Quando tornai a Napoli, lo raccontai a tutti. “Vedete che in America si sta nu guaglionciello pazzesco, un fenomeno che balla e canta, un fenomeno vero”. Da allora, Michael è stato questo: un fenomeno.

Psiche bombardata, un padre che lo maltrattava, l’infanzia polverizzata dal lavoro. In certo modo, anch’io ho subito lo stesso esproprio. Sono venuto su in altra maniera e sono diventato un’altra persoma solo perché il mio successo ha fatto i conti con l’Italia, con 60 milioni di persone. Michael si è confrontato non con i milioni, ma con i miliardi di persone. Che in breve gli hanno impedito di uscire, di girare liberamente per la strada, di concedersi qualsiasi anche breve momento di privacy. Cose che, se sei normale, ti conducono alla pazzia; se sei ferito, come lo era lui, ti fanno diventare Jackson.

Al di là di ogni giudizio morale, Michael vive. Musicista, cantante, ballerino (dopo Fred Astaire, che lo volle incontrare, per me c’è solo Jackson) ha segnato un’epoca. Se n’è andato tragicamente come è vissuto. Il resto, comprese le lotte per l’eredità e il baccano mediatico sui debiti, è solo rumore.



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